Era il mare. La sabbia e le onde. E il cielo vegliava su quella breve unione, quell’eterno incontro, osservandolo.
L’acqua lasciava un po’ di sé e Sabbia, ormai divenuta parte di Mare, assorbiva tutto quello che vi era rimasto. Intrappolava le conchiglie e il rumore, la voce del suo amato dentro quelle piccole pietre curve e vuote.
Tutte le sere Mare incontrava Sabbia, tutte le mattine Mare la carezzava per poi lasciarla sola nell’attesa di una nuova unione.
Mai Mare e Sabbia, però, terminavano il loro amore.
Mai Mare e Sabbia, però, giuravano l’eterna unione poiché all’eternità sì erano legati, ma ad una sterile eternità che ad uno sguardo lontano e ad un fugace contatto li aveva costretti.
E nonostante quest’incontro fosse breve, nonostante vivessero di brevi attimi, Cielo era geloso poiché nell’acqua, dentro Mare, vi si specchiava, e in base al suo umore il corpo di Sabbia prendeva colore.
Così, adirato, a volte Cielo chiamava a sé Nuvole e Vento che con irruenza increspavano le braccia di Mare, il quale per proteggere Sabbia, avanzava verso di lei, inondandola col suo manto. Non sapeva, dunque, Cielo, che con quella sua Tempesta, alimentava l’amore dei due, che nelle difficoltà ancor più forte si stringeva.
Quando Nuvole e Vento andavano via, nulla poteva l’antico nemico contro i due amanti, se non vegliarli con Sole, Luna e Stelle che, da sempre, in silenzio, assistevano al loro amore, donando preziose sfumature e romantiche cornici.
Era il mare. Era la sabbia. Che di quel breve incontro vivevano, che di quelle carezze necessitavano. Pur non giurando, pur non restando.
Sabbia era di Mare. Mare era di Sabbia.
Maria Elena Marsico
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